Nome mulino | Cartiera Amicucci Graziosi | |
Regione | Lazio | |
Provincia | Roma | |
Comune: | Tivoli | |
Indirizzo | Via degli Stabilimenti, 6 00019 | |
Tipologia | Acqua | |
Attivita | Cartiera | |
Proprieta | Pubblico | |
Info proprietà | Dopo anni di abbandono le cartiera Amicucci Graziosi venne acquistata dal comune di Tivoli nel 2000 con l’intenzione di riqualificarla. Nel marzo 2009 un importante crollo ha coinvolto parte della struttura. Successivamente il Comune ha indetto un bando relativo ad un progetto di riqualificazione, vinto da Aut Aut Architettura e expandstudio, reperibile su: https://www.professionearchitetto.it/news/notizie/28980/Tivoli-concorso-ex-Cartiera-Vincono-Aut-Aut-Architettura-e-expandstudio. | |
Stato | In disuso | |
Visitabile | No | |
Ospitalita | No | |
Bibliografia | ||
Note storiche | Sin dal XV secolo, lungo il fiume Aniene nel Lazio, è documentata la presenza di opifici per la produzione della carta. Tra i vari centri urbani che ospitavano le cartiere spicca senz’altro la città di Tivoli che conserva tuttora imponenti rovine industriali di questa tipologia di fabbriche. L’ex-cartiera Amicucci Graziosi sorge all’interno della città vecchia a strapiombo sulla valle dove scorre il fiume Aniene. Era già esistente alla fine dell’800 (se ne parla, insieme ad altre tre: la Ranzi, la Rigamonti e la Barberi). La pendenza naturale della rocca dov’è stata costruita venne sfruttata per i processi industriali della produzione della carta, a partire dal piazzale dove arrivava la materia prima (parte più in alto di tutte) fino all’immensa sala delle rotative (la più in basso di tutte). Nel corso di alcuni lavori di ampliamento della cartiera, nell’agosto 1952, vennero alla luce i resti di una necropoli del V-IV sec. a. C. Negli anni ’60 e ’70 cambiò proprietà e nome e divenne Cartiera Parmeggiani. Il procedimento utilizzato per la produzione della carta era più o meno il seguente: • La materia prima (polpa di legno, carta da riciclo o stracci) veniva inserita nei bollitori sferici (che nella cartiera di Tivoli si trovano immediatamente sotto al piazzale dove i camion scaricavano) dove era macerata ad alta temperatura (120° circa) unitamente a soda caustica o calce viva. • L’impasto così ottenuto era versato in enormi vasche sottostanti i bollitori e da qui caricato, tramite viti senza fine, nelle molazze per la sfilacciatura delle fibre. • Successivamente si passava alle pile olandesi, vasche piene d’acqua, dove un cilindro a lamelle raffinava lo sfilacciamento delle fibre. In questa fase venivano aggiunti eventuali additivi all’impasto (collanti, sbiancanti, etc.). • C’era quindi il passaggio nelle tine di macchina per arrivare alla corretta diluizione che permettesse di stenderlo uniformemente nelle tele di rame dei tamburi della macchina continua. • L’ultimo passaggio era la stesura ed essiccamento nella macchina continua a tamburi. |