Nome mulino | Mola Nòva | |
Regione | Lazio | |
Provincia | Roma | |
Comune: | Anticoli Corrado | |
Indirizzo | ||
Tipologia | Acqua | |
Attivita | Farina di cereali | |
Proprieta | Sconosciuta | |
Info proprietà | ||
Stato | In disuso | |
Visitabile | Si | |
Ospitalita | No | |
Bibliografia | F. Giacinti-P. E. Simeoni, I mulini di Anticoli Corrado, in F. Fedeli-Bernardini- P. E. Simeoni (a cura di), Ricerca e territorio. Lavoro, storia, religiosità nella valle dell'Aniene, Leonardo-De Luca Editori, Roma 1991: 75-78 | |
Note storiche | Vi erano due mole ad Anticoli Corrado: la Mola della Refóta e la Mola Nova. Ambedue funzionavano secondo il sistema a "retrècine" comune a tutta l'area: si fondava sul principio dello sfruttamento dell'energia idraulica attraverso una ruota di legno di quercia in cui erano incassati dei "cóppi" (chucchiai o palette) di legno che raccoglievano la spinta dell'acqua per trasmetterla all'albero, sistema detto anche a "turbina". La turbina della mola della Refóta era però tutta in legno, mentre quella della Mola Nova era sia in legno che in ferro. La Mola Nòva costruita alla fine del Settecento, si caratterizzava rispetto ad altri edifici analoghi, per maggior ricercatezza formale e articolazione delle diverse funzioni distribuite in quattro ambienti e su due piani: area di molitura e ambiente per animali al piano inferiore, alloggio per il mugnaio e e deposito al piano superiore. L’acqua veniva condotta attraverso una canale artificiale con acquedotto lungo oltre 500 metri alimentato dalla sorgente Serena e da due fossi. A ogni macina corrispondeva una turbina azionata dall’acqua della sorgente che, immessa in una canalizzazione scoperta, si divideva in due bracci prima della mola. Una piccola vasca di raccolta, il “bicchiere”, permetteva all’acqua di azionare le retrecine tramite una caduta prodotta dal dislivello. All’estremità della turbina era inserita tramite due alettoni fissati sul “palo”, l’asse di trasmissione del movimento, il “corrente”, la macina superiore. Il “letto”, cioè la macina inferiore, era invece fisso. La mola aveva due palmenti: uno macinava il grano, l’altro il grantruco, le fave, l’orzo, l’avena… Le macine erano di due tipi: l’una, chiara, proveniva dalla Francia ed era lavorata e commercializzata da una ditta marchigiana; l’altra scura era di peperino. Per ciò che riguarda il lavoro del mugnaio: vedi la Mola della Refóta di Anticoli Corrado. |